FSCIRE: Un’inchiesta

PRIMA PARTE | Le finanze e la produzione scientifica: Decine di milioni di finanziamenti pubblici 

Riceviamo da parte di un addetto ai lavori un lungo e approfondito contributo d'inchiesta sulla Fondazione FSCIRE, noto centro di ricerca bolognese specializzato nelle scienze religiose, fondato con l'anodina denominazione di Centro di Documentazione nel lontano 1953 e ormai da ben 17 anni diretto dal professore reggiano Alberto Melloni, con il quale spesso FSCIRE è immediatamente identificata dall'opinione pubblica. Coerentemente con le nostre finalità, riteniamo utile pubblicare il testo pervenutoci al fine di stimolare riflessione e dibattito, vertendo esso su un tema tanto importante come le politiche di erogazione e distribuzione di fondi pubblici destinati dallo Stato alla ricerca scientifica. Ricordiamo, per quanto ovvio, che la presente testata on line promuove e tutela il diritto di critica, garantito dall'Art. 21 della nostra Costituzione repubblicana, che, a differenza della semplice narrazione dei fatti (diritto di cronaca, anch'esso costituzionalmente tutelato), è caratterizzato dall'espressione di opinioni e commenti che, certo fondandosi sullo studio e sull'osservazione di dati e fatti concreti, possono contenere giudizi di valore tali da piacere o non piacere. Peraltro, tutti gli utenti possono, attraverso l'apposita funzione, commentare i contenuti che sono qui pubblicati, senza alcun vincolo che non sia quello della tutela della dignità e della reputazione delle persone, nonché del pubblico decoro. La redazione opera una blanda moderazione dei commenti inoltrati dagli utenti, non approvando quelli che contengono volgarità, insulti gratuiti, minacce e affermazioni diffamatorie. Il diritto di replica è naturalmente garantito anche attraverso la pubblicazione, da parte degli interessati che lo richiedano, di note, comunicati, interventi su questa stessa testata, "purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale” (in conformità con l'art. 8 della l. 47/1948). 

1. FSCIRE, fondazione privata per le scienze religiose, solo nei 6 anni 2018-23 riceve 20,8 milioni pubblici grazie a politici di una parte politica e dirigenti ministeriali. Ma la stessa parte politica protesta! 2. Nel 2014 la UE definisce le “Infrastrutture per la ricerca” (IR, tipo CERN), e FSCIRE lo diviene (426.245€). Come? Lo raccontiamo. E in finanziaria 2016 tre deputati inseriscono 5 milioni annui per un bando per le IR per le scienze religiose: vince l’unica, FSCIRE; i 5 milioni sono rinnovati dal 2021. 3. Senza bando (sulla base del bando 2016) nel 2020-23 altri 6 milioni per le IR religiose al Sud. La Regione E.R. (che ha ristrutturato la sede, concessa dall’università di Bologna) dal 2017 aggiunge 3 milioni (+1,2 futuri). 4. Tra i donors non manca nessuno, dall’ex Finmeccanica (= armi) a Snam Rete Gas (!) a “Gratta e Vinci”. 5. Perché tutti gareggiano a finanziare il dominus assoluto Alberto Melloni? Cosa produce FSCIRE con 20,8 milioni nel 2018-23? Altisonanti consorzi europei, videomostre… 6. Ma in concreto qual è il valore aggiunto rispetto a quanto i membri producono nelle università da cui sono già retribuiti? Tre riviste (ma una solo “acquistata” e una neonata), “grandi opere” (discutibili), poche monografie nelle collane… affreschi e mercedes in cortile. 7. E i soliti temi da decenni (noiosetto): Dossetti, Lercaro, don Milani, ecumenismo… Soprattutto un’egemonia sull’eredità e interpretazione del Vaticano II, come “fazione” di politica ecclesiastica per “riformare la Chiesa colla sola forza della ricerca” (e il fantasma di Paolo Prodi: Kryptonite) 8. Ma questo è scientifico? O è un “dis-valore aggiunto”, pagato da uno stato laico? 9. L’egemonia ora è su scala “industriale” nelle università (“articolo quinto: chi ha i soldi ha vinto”: prossima puntata), con risultati tanto sproporzionati rispetto alla dotazione finanziaria, da attrarre ben pochi: i dottorati nazionali presieduti da Melloni in parte restano vuoti. 10. Solo bulimia? Eppur (qualcosa) si muove. Eccome se si muove.

FSCIRE, chi è costei?

FSCIRE: chi è costei? Senza don Abbondio Carneade sarebbe un Carneade qualsiasi. Così è per questo acronimo impronunciabile, ignoto ai più. Fattaci la domanda, passeremmo oltre, sennonché non siamo don Abbondio e questa sigla è associata a decine di milioni di euro pubblici, versati dal cittadino italiano in un momento in cui lo Stato risparmia sui servizi essenziali. Pertanto abbiamo condotto un’inchiesta basata su documentazione ufficiale e fonti di prima mano, verificabili (talora saremo vaghi esclusivamente al fine di tutelare la fonte da sicure ritorsioni): ogni nostra parola può essere provata esibendo i documenti (che pare siano sempre meno “riservati” ed escano da vari enti con facilità – e non vi è illecito, poiché si tratta di documenti pubblici, sebbene solitamente sia difficile ottenerli se non per le vie legali). Quando siamo incerti su un fatto, lo dichiariamo; ignoriamo i meri pettegolezzi, le fonti di seconda mano e i dati personali. Non abbiamo preclusioni (qualche ironia deriva dalla singolarità di taluni dati). Né abbiamo nulla da spartire con fazioni interne al mondo cattolico (che pure talora risultano ben informate): semplicemente un’inchiesta oggettiva si pone delle domande e mette il dito nelle piaghe senza riguardi, sconvolge le agiografie. Intendevamo essere brevi, ma si è accumulata un’infinità di dati di assoluto interesse, un vero thriller, per chi fa ricerca in Italia – e per chi paga le tasse; non per questo accusiamo qualcuno di illeciti: la cosa singolare (a ancor più inquietante) è che tutto ciò che abbiamo trovato è lecito, fin troppo, dato che parte della normativa reperita (prodotta da parlamento, regioni, ministeri) pare quasi concepita appositamente. Dunque per ragioni di spazio pubblichiamo ora solo la prima parte, sui contributi pubblici in rapporto alla produzione scientifica, cui prossimamente seguiranno questioni più specifiche.

Presentazioni preliminari

L’acronimo va sciolto in Fondazione per le Scienze Religiose “Giovanni XXIII”. L’organizzazione, lo statuto, ecc. si leggono nel suo stesso sito (corretto): https://www.fscire.it/chi-siamo-1/organi . Un po’ più agiografica la storia: https://www.fscire.it/chi-siamo-1/storia che “dimentica” lo storico di maggior peso che abbia lavorato nell’allora Centro di documentazione, Paolo Prodi. Per saperne di più si può leggere l’ultimo libro (pubblicato poco prima di morire, per una questione di delicatezza) del grande storico bolognese: Giuseppe Dossetti e le officine bolognesi, il Mulino 2016; o più in sintesi il testo (datato 2005 ma attualissimo) di Pietro De Marco, allora professore di sociologia della religione all’Università di Firenze e alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, pubblicato dal decano dei vaticanisti, Sandro Magister, nella sua rubrica su “l’Espresso” (che più volte si è occupato di FSCIRE e dintorni: https://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/38108.html. Non crediamo che si possa comprendere quanto segue senza passare per l’articolo, che spiega le origini sia della attuale bulimia milionaria, sia degli esiti scientifici.

20,8 milioni di euro di finanziamenti pubblici in 6 anni, 2018-23 (10,5 negli ultimi due)

Mentre università ed enti di ricerca vedono stagnare i finanziamenti pubblici, una fondazione di ricerca privata li vede lievitare di anno in anno. In base alla legge 124/2017, art. 1, cc. 125-129, la Fondazione pubblica ogni anno l’elenco dei finanziamenti pubblici (un po’ nascosto sotto la voce “Organi” e non sotto quella “Documenti”)[1]. Non vi compare la cifra degli altri finanziamenti, delle partecipate pubbliche, banche, cooperative e simili, non è obbligatorio.

Ne desumiamo che nel 2023 (ultimo rendiconto) i finanziamenti pubblici ammontano a 5.338.185,46 €.[2] Di questi, oltre 4 milioni (comprese cifre minime) provengono dal Ministero dell’Università e Ricerca, spesso descritto come povero, ma in questo caso assai largo.

Sono inoltre pubblicati i bilanci dal 2020 al 2023. Nel bilancio 2023[3] i contributi pubblici (che includono non indicati nel rendiconto) ammontano a 4.952.994,53 € (pp. 35-36) poiché non compaiono 500.000 € concessi dal MUR, mentre sono indicate sovvenzioni minori, come 15.000 € da Confindustria e 100.000 € da CARIPLO, non presenti nel rendiconto (nel bilancio i ricavi da attività istituzionale, ossia contributi pubblici e privati risultano però 5.583.579 €, e quelli da attività commerciali, ossia da mercato e sponsorizzazioni solo 20.922 €, ivi, p. 26). Entrambi i documenti sono corretti, non coincidono per motivi contabili: ad es. uno stanziamento relativo a un anno può essere versato, in tutto o in parte, in uno successivo. Nel bilancio vi è, tra i crediti, la voce "Contributi da ricevere", stanziati ma non incassati al 31 dicembre, che per il 2023 ammonta a 1.183,095,00 €. Considerando però in blocco più anni, la differenza si riduce, salvi i tecnicismi contabili. L’utile/avanzo nel 2023 risulta di 949.452,37 €, con soddisfazione del CDA, secondo cui FSCIRE potrà guardare serenamente al futuro; preoccupazione eccessiva. Ignoriamo se ciò sia normale per una fondazione di ricerca (tecnicismi) o se il denaro abbondi tanto da non riuscire a spenderlo. Nell’esercizio 2023 le disponibilità liquide sono cresciute da 1.530.305 € a 2.055.504 € (p. 19); alla fine del 2020 ammontavano a 840.710,45€, e solo per il versamento, pochi giorni prima, di 800.000 € da parte del MIUR. Ognuno può farsi un’idea consultando il bilancio 2023[4] e i tre precedenti.[5]

Pietro Galina, benandante friulano denunciato nel 1692-93 per la sua attività anti-stregonesca

Pietro Galina è stato un benandante friulano denunciato al Santo Ufficio nella fine del Seicento. Fu denunciato da due donne tra la fine del 1692 e l'inizio del 1693. Le donne desideravano tutelarsi dall'accusa di stregoneria: Pietro infatti andava di casa in casa, offrendosi di liberare i compaesani dai malefici inflitti dalle streghe, facendosi pagare per questa sua attività.

A questo personaggio è dedicata una voce redatta Mauro Fasan recentemente pubblicata nel Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneofulcro del sito Ereticopedia.

Per consultare la voce collegarsi alla pagina: https://www.ereticopedia.org/pietro-galina

L'età dell'oro della pirateria (17/10/2024)

Giovedì 17 ottobre 2024 alle ore 19:00 Parresia, piattaforma digitale dell'Associazione CLORI e del suo network Cantiere Storico Filologicodedica una live all'età dell'oro della pirateria.

Luca Al Sabbagh dialoga con Elia Morelli.

LINK DIRETTO ALLA LIVE: https://www.youtube.com/live/KhCyFdxcePI

Le guerre franco-indiane (28/09/2024)

Sabato 28 settembre 2024 alle ore 16:00 Parresia, piattaforma digitale dell'Associazione CLORI e del suo network Cantiere Storico Filologico, dedica una live al tema delle guerre franco-indiane.

Luca Al Sabbagh dialoga con Michele Angelini.

LINK DIRETTO ALLA LIVE: https://www.youtube.com/live/KhCyFdxcePI

Il dottorato e il condannato

Antefatto (fino al 2021): Mirko Campoli è insegnante di religione, vicepreside di Istituto Tecnico, educatore, dirigente dell’Azione Cattolica a Tivoli. Sui social si trova ancora un suo video-messaggio di conforto agli studenti del suo istituto ai tempi del primo lockdown CoVid del marzo 2020.

Primavera 2021: Dopo le prime pesanti accuse di abusi sessuali ai danni di minori, Campoli si dimette "per motivi familiari e personali" dalla scuola e dagli incarichi religiosi, in particolare da quello di presidente dell'Azione Cattolica diocesana. Ma Campoli, come riportato da più testate giornalistiche che si sono occupate del suo caso, era anche (addirittura!) segretario nazionale dell'Azione Cattolica Ragazzi (ACR).

Dal 2021 al 2023: Campoli lavora in una casa-famiglia, dove perpetrerebbe altri abusi su minori e da cui viene licenziato anche a seguito del peggioramento della sua situazione giudiziaria.

Maggio 2023: Campoli è arrestato e il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, replica alle critiche formulate dal Procuratore di Tivoli contro l’atteggiamento poco collaborativo che sarebbe stato tenuto verso gli inquirenti da parte degli ambienti ecclesiastici e in particolare da parte della curia di Tivoli, guidata dal vescovo Mauro Parmeggiani, originario di Reggio Emilia (dove è nato nel 1961): «Non accettiamo accuse di atteggiamenti omertosi».

Marzo 2024: Il Tribunale di Tivoli condanna Campoli a 9 anni di reclusione per vari abusi su minori commessi tra 2016 e 2021. Nel corso del processo lui si dichiara colpevole ma dice di averlo fatto perché depresso. Il PM replica: "La depressione non si cura con la pedofilia". Del caso Campoli si occupa anche la nota trasmissione RAI "Chi l'ha visto?" (più tardi, a giugno, se ne occuperà anche la trasmissione Mediaset "Fuori dal Coro": i giornalisti interrogano il vescovo Parmeggiani, il quale sembra tra l'altro minimizzare sulla condanna a 9 anni). Nel frattempo si sta per aprire contro di lui anche un secondo processo vertente su altro filone di abusi contro minori.

Luglio 2024: Campoli consegue la laurea magistrale presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Roma Tre, discutendo il 3 luglio 2024 una tesi che a partire dal titolo "Caro cardo salutis" ("La carne è il cardine della salvezza", citazione da Tertulliano) riflette sul rapporto tra il corpo e i sacramenti nel cristianesimo. Un tema davvero singolare per un pedofilo reo confesso! Nel mentre che Campoli pensa a laurearsi, la Procura di Tivoli prepara il ricorso in Cassazione per la riforma della condanna a 9 anni comminata contro di lui nel processo conclusosi a marzo, ritenendo tale pena non sufficientemente severa e chiedendone una più aspra: il ricorso è depositato il 15 luglio 2024.

Agosto 2024: Il neolaureato e fresco condannato Campoli partecipa al concorso bandito dal DREST, il dottorato di interesse nazionale in studi religiosi fondato e coordinato da Alberto Melloni (nato a Reggio Emilia nel 1959). Questo dottorato nazionale ha sede amministrativa a Reggio Emilia presso il Dipartimento di Educazione e Scienze Umane dell’Università di Modena e Reggio Emilia –  Dipartimento di cui lo stesso Melloni è stato di recente direttore (2020-2021) ed è attualmente vice-direttore – e vede come sedi consorziate molti altri Atenei e Dipartimenti universitari italiani. Il DREST è attivo dal 2022 e ha bandito per il 38° e per il 39° ciclo nazionale ben 97 borse di studio (56 nel 2022 e 41 nel 2023), una buona parte delle quali finanziate su fondi PNRR, attribuendone tuttavia “solo” 66: per un effetto combinato tra pochi candidati, pochi idonei in rapporto alle borse offerte e non poche rinunce tra questi ultimi, ben 31 borse, una su tre, non sono state attribuite. Per il bando del 2024 (40° ciclo nazionale), con scadenza al 26 luglio 2024, sono messe a concorso 30 borse dall'importo "standard" di 16.243 euro/annui ciascuna. 13 di queste prevedono stage obbligatori della durata fino a 18 mesi presso FSCIRE, la nota fondazione per le scienze religiose di cui sempre il professore reggiano Melloni è segretario generale dal 2007 (va precisato che non tutte le borse bandite prevedono questi stage obbligatori, in genere li prevedono solo quelle su fondi PNRR: nell’ambito del bando del 2024 le borse che prevedono gli stage sono 18 su 30). Campoli è giudicato da due commissioni diverse e supera brillantemente la fase della valutazione dei titoli, venendo ammesso ai colloqui (previsti, come da bando, il 29 e 30 agosto 2024, in modalità telematica) in due ambiti diversi del dottorato, che è suddiviso in sei ambiti, per ciascuno dei quali è previsto, di fatto, un concorso separato. In uno di questi due ambiti è addirittura (e di gran lunga) primo in graduatoria! Ovviamente la cosa non passa del tutto inosservata (neppure tra gli altri candidati al concorso). Ai sensi del bando, sia nell’ambito della valutazione titoli sia nell’ambito della valutazione del colloquio, il progetto di ricerca presentato dal candidato ha un peso nettamente preponderante. La candidatura di Campoli è dunque a questo punto instradata su un binario molto promettente. L’esito del colloquio si rivela tuttavia deludente per il condannato per pedofilia: non consegue il punteggio minimo per superarlo in nessuno dei due ambiti in cui è in pole position ed è quindi collocato fuori graduatoria. In uno dei due ambiti, dove Campoli è rimasto poco sotto la soglia del punteggio minimo per superare il colloquio, la semplice idoneità sarebbe stata sufficiente a ottenere la borsa di dottorato, in quanto il numero degli idonei è risultato alla fine inferiore al numero delle borse messe a concorso.

Settembre 2024: Per combinazione, proprio nello stesso giorno in cui sono rese pubbliche le graduatorie definitive del dottorato DREST, l'11 settembre 2024, esce anche la sentenza del secondo processo per pedofilia: Campoli è condannato ad altri 6 anni e 10 mesi. Cumulativamente, la condanna inflitta in primo grado ammonta quindi a quasi 16 anni di reclusione!

Il concretissimo pericolo scampato non può che confortare. Certamente meraviglia come un ex docente di scuola, educatore e dirigente dell’Azione Cattolica condannato giusto a marzo scorso per pedofilia, con altro processo pendente sempre per gli stessi reati (poi conclusosi, come abbiamo visto, con un'altra condanna), con un ricorso in Cassazione da parte della Procura di Tivoli per la riforma di una prima condanna ritenuta insoddisfacente e che si trova presumibilmente agli arresti domiciliari a Tivoli, con tanto di interdizione dal frequentare luoghi dove possono trovarsi minori, possa pensare di candidarsi a un dottorato in studi religiosi basato a Reggio Emilia. E un dubbio sorge spontaneo: il bando di concorso lo avrà trovato da solo o gli sarà stato segnalato?

IN FOTO (nell'ordine dall'alto in basso): Mirko Campoli (Tivoli, 1976), ex docente di religione, educatore e dirigente dell'Azione Cattolica condannato per pedofilia; Mauro Parmeggiani (Reggio Emilia, 1961), vescovo di Tivoli; Alberto Melloni (Reggio Emilia, 1959), docente di Storia del Cristianesimo presso l'Università di Modena e Reggio Emilia, segretario generale FSCIRE e coordinatore DREST.

Il savonaroliano fra Benedetto da Foiano tra politica e religione

Fra Benedetto da Foiano, al secolo Benedetto Tiezzi, è stato un frate domenicano che operò nel convento di Santa Maria Novella a Firenze, in momenti discontinui, tra il 1500 e il 1530. Si distinse per il suo impegno religioso e politico che fu però in contrasto con l’ordine mediceo e papale dell’epoca, in quanto forte simpatizzante delle idee professate da Girolamo Savonarola.

A questo personaggio è dedicata una voce redatta da Irene Bagliolid recentemente pubblicata nel Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneofulcro del sito Ereticopedia.

Per consultare la voce collegarsi alla pagina: https://www.ereticopedia.org/benedetto-tiezzi

"Le parole della guerra" con Capitini e Campochiari (Firenze, 11/09/2024)

Mercoledì 11 settembre, alle ore 18:00, a Firenze, presso il Caffè Letterario Le Murate si svolgerà la presentazione e discussione del libro di Paolo Capitini e Mirko Campochiari, Le parole della guerra (Parabellum Edizioni, 2024), con il patrocinio della nostra Associazione CLORI, nel quadro delle attività del canale Parresia e in collaborazione con il canale Italian Military Archives.

Gli Autori: 

Paolo Capitini, generale di brigata in riserva dell'Esercito, già in servizio presso il Comando Operativo di Vertice Interforze a Roma e presso il Corpo di Reazione Rapida della NATO a Lille, nonché operativo in varie missioni militari internazionali (Somalia, Bosnia, Kosovo, Ciad e Repubblica Centrafricana, Haiti e Libia), è autorevole esperto di studi strategici e storia militare.

Mirko Campochiari è analista e storico militare, molto noto al grande pubblico in quanto fondatore e gestore del canale Youtube di successo Parabellum e dell'omonimo sito e think thank

I Capi di Stato Maggiore del Littorio: Messe (07/09/2024)

Sabato 7 settembre 2024 alle ore 16:00 Parresia, piattaforma digitale dell'Associazione CLORI e del suo network Cantiere Storico Filologico, nell'ambito del suo ciclo di puntate dedicate ai Capi di Stato Maggiore del Littorio, dedica una live alla figura di Giovanni Messe.

Luca Al Sabbagh dialoga con Giovanni Cecini.

LINK DIRETTO ALLA LIVE: https://www.youtube.com/live/t4d2XULKBaI

Dizionario biografico dei briganti di Terra di Lavoro in età napoleonica

Sul portale "Storia della Campania" è stato attivato uno spazio dedicato alla costruzione del Dizionario biografico dei briganti di Terra di Lavoro in età napoleonica

Il Dizionario (acronimo DBBTL), a cura di Armando Pepe, si prefigge l'obiettivo di raccogliere per la prima volta le biografie dei capi-briganti e dei gregari delle comitive note e meno note di Terra di Lavoro durante l'età napoleonica, il cosiddetto "Decennio francese", e poco oltre. I termini cronologici pertanto vanno dal 1806 al 1825, appena dopo la seconda Restaurazione borbonica sul trono di Napoli. Considerando complessivamente, da un punto di vista quantitativo, il cospicuo numero dei briganti biografati, ne emergono risultati e inferenze di particolare efficacia, come la loro età media e i crimini commessi, secondo una scala di criminalità progressiva, che rendono l'effettiva portata del fenomeno delinquenziale. Si possono, ugualmente, ricostruire le reti parentali e di connivenza, tra gli stessi briganti e i loro consanguinei e manuntengoli, in modo tale da far comprendere chiaramente quali siano stati i luoghi di maggiore e/o minore presenza malavitosa. I briganti percorrevano in lungo e in largo la provincia, commettendo reati ovunque, ma i loro luoghi di provenienza, geograficamente ben delimitabili, costituivano del pari altrettanti luoghi di rifugio, dove sentirsi al riparo dalle frequenti perquisizioni delle forze dell'ordine. Si possono dunque tracciare su di un'ipotetica carta geografica le zone in cui maggiore era la densità criminale, come la fascia costiera nei dintorni di Itri, Gaeta e paesi limitrofi, la valle del Garigliano, specialmente tra Castelforte e il villaggio di Suio, la via Appia in prossimità di Capua, la catena delle Mainarde, i monti del Matese e il Nolano. Non che gli altri luoghi fossero completamente immuni dal brigantaggio, che comunque era pervasivo, ma le zone menzionate pocanzi ne soffrivano in maniera accentuata. La delinquenza, come in tutte le società rurali d'antico regime, si configurava come un fatto endemico e acclarato, e i briganti, con le proprie peculiarità, si inserivano nei vuoti di potere, soprattutto per commettere reati a proprio vantaggio, segnatamente economico. Leggendo le biografie dei briganti si percepisce un generale clima di violenza diffusa, di persone non mosse da nobili ideali ma che nell'instabilità, e nella precarietà, trovavano il proprio territorio d'azione ideale.

Per consultare il Dizionario biografico dei briganti di Terra di Lavoro in età napoleonica:

https://www.storiadellacampania.it/dbbtl:start

Ma che bella famigliola!

Le piccole beghe familiari dei Firpo nella grande storia della Utet

A suo modo "libro-rivelazione" e a dir poco sconcertante, pur sin qui decisamente poco considerato e riflettuto, nonostante sia ormai vecchio di due anni, Lo “zio verde”, la Utet e altre storie di famiglia dei gemelli Alessandro e Massimo Firpo, il primo ex dirigente d’azienda (in particolare, ma non solo, nel settore editoriale: è stato alle dipendenze della stessa Utet, nonché di Garzanti, Pedrini e Vallardi), il secondo ben noto storico dell'età moderna, figli del celebre storico Luigi Firpo, autorevole penna de "La Stampa", membro del consiglio d'amministrazione della RAI dal 1980 al 1987, deputato del PRI dal 1987 al 1989 (anno in cui morì all'età di 74 anni), campione di bridge e molto altro ancora, è tutto tranne che un banale e tenero libro di memorie familiari, come suggerirebbe il titolo. A dire il vero di tenero non vi è nulla in questa ferocissima resa dei conti degli Autori con la propria storia familiare – e in particolare, ma non solo, con il padre Luigi Firpo –, rispetto alla quale passano in secondo piano altri aspetti interessanti del libro, come le pagine dedicate a quell'autentico – e dimenticato – genio dell'editoria che fu Carlo Verde, assunto in Utet nel 1922 e figura apicale della stessa per oltre un cinquantennio a partire dal 1930 (anno in cui fu designato amministratore e condirettore generale per poi diventare direttore generale nel 1934, amministratore delegato nel 1935, assumendo anche la carica di presidente nel 1945; cfr. p. 49), prozio materno dei gemelli Firpo e da loro chiamato lo "zio Verde” per distinguerlo da un altro zio con lo stesso nome di battesimo.
Il libro, rapidamente esauritosi e non più in commercio, non tanto perché andato a ruba ma perché presumibilmente stampato in una tiratura “ridotta” da parte dell’editore Nino Aragno, versatile imprenditore piemontese, le cui meritorie attività editoriali non rappresentano certo il core del suo business, ma straordinariamente e irritualmente magnificato e ringraziato dagli Autori nell’explicit della Premessa come fosse un novello Carlo Verde (“il cui spirito di iniziativa e coraggio imprenditoriale, passione per la cultura e fastidio per la boria dei dotti, cordiale affabilità e gusto dell’ironia – scrivono i gemelli Firpo a p. XIV proprio a proposito di Nino Aragno – ci hanno sempre ricordato quelli di Carlo Verde, inducendoci infine ad accettare di percorrere questo periglioso sentiero”), appare ben più complesso rispetto all’immagine edulcorata fornita dalla banale recensione giornalistica di Nicola Gallino apparsa su “La Repubblica - Torino” del 24/07/2023 (Lo zio Verde, ideatore di Utet, che non ha neanche una voce su Wikipedia). Gallino, che accosta il libro un po’ a Vestivamo alla marinara di Susanna Agnelli, un po’ ai Buddenbrook di Thomas Mann (!), definisce la demolizione morale e intellettuale di Luigi Firpo messa in atto da parte dai figli Alessandro e Massimo “un’uccisione edipica ma senza astio”. Ma il libro, se letto e riflettuto approfonditamente, appare ben altra e più complessa cosa. Esso, innanzi tutto, è una sorta di Zibaldone, dove le ampie digressioni sulla storia della Utet, grandissimo patrimonio culturale di questo Paese, purtroppo disgraziatamente dispersosi come noto, dalla fondazione da parte di Giovanni Pomba nel 1791 fino alla gestione di Carlo Verde, che si identifica con il periodo di massimo splendore dell’Azienda, e oltre, attraversando il successivo lento declino sotto la presidenza di Gianni Merlini per giungere al tracollo finale, con tanto di approfondite analisi dei bilanci, delle strategie di mercato e delle reti di vendita, si alternano ad aneddoti curiosi, talora ma non sempre divertenti, e resoconti dettagliati, non di rado truci e sconfortanti, di storia familiare.