Il mondo accademico italiano e quella meritocrazia inesistente

Si ripropone di seguito un'intervista a Daniele Santarelli, a cura di Alessia Marsigalia (https://alessiamarsigalia.com), dal titolo "Il mondo accademico italiano e quella meritocrazia inesistente", originalmente pubblicata on line l'11 aprile 2017 su "ITalents.org" (sito offline e non più attivo). Questa intervista ne anticipò un'altra, radiofonica, sugli stessi temi, andata in onda su "Radio 24" nell'ambito della trasmissione "Giovani Talenti", condotta da Sergio Nava (puntata "Cervelli di Rientro" del 3 giugno 2017). 


Daniele Santarelli, classe 1979, è ricercatore alla Seconda Università di Napoli. Proseguirà quasi certamente la sua carriera in Italia, ma il suo percorso non è stato semplice anche perché, come ci racconta, "ai tempi sono partito perché sapevo che in Italia non c'erano prospettive e sono rientrato vincendo il concorso Rita Levi Montalcini, perché altri canali non esistono". Laureato in ambito letterario e umanistico, Daniele passa il post dottorato tra le Università di Bordeaux, Lione, Ginevra. Poi partecipa al concorso Rita Levi Montalcini (già Rientro dei Cervelli), lo vince e ha l'occasione di iniziare la sua carriera qui, cosa che altrimenti, come sottolinea, sarebbe stata impossibile.

Come funziona quel concorso?
Ti permette di avere un contratto da ricercatore e ti garantisce, dopo tre anni, l'opportunità di diventare professore associato.  Solo vincendo quel concorso sono riuscito a intraprendere una carriera qui, altrimenti sarebbe stato impossibile.
In che senso?
In Italia esistono pochissimi concorsi nazionali, tutti sono su base locale e se non sei inserito puoi davvero scordarti di accedere. Anche per partecipare al concorso, per il quale dovevi stilare una lista di università disposte ad accettarti, l'iter si è rivelato duro. Nonostante il fatto che tu garantissi di portare finanziamenti e che non ci sarebbero stati oneri economici nell'assunzione e nella spesa dell'organizzazione, ho avuto diversi rifiuti.
E questo perché?
Per la cultura insita in questo mondo accademico, se vieni dall'estero poi sei visto come inaffidabile e c'è il rischio che tu possa portar via posti e progetti ai "baroncini" locali.
Perché non vengono sfruttate le competenze di chi arriva da fuori, che può portare un bagaglio culturale non indifferente?
C'è il meccanismo di fondo dei professori, che una volta divenuti tali pensano solo a mantenere la loro rendita di posizione. Non hanno più lo stimolo di innovare, di promuovere collaboratori. Manca un modello meritocratico di fondo e visto che gli attuali 60enni sono entrati nel mondo accademico attraverso meccanismi di appartenenza clientelare e famigliare e non secondo il modello meritocratico è difficile che lo applichino. Conto sui 50enni di oggi, già più disposti al dialogo, ma per quanto riguarda la vecchia guardia, che andrà in pensione a 70 anni - e questo è un altro motivo di mancanza di ricambio - , si ha solo di fronte un grande muro.
Perché hai deciso di tentare in Italia nonostante queste premesse?
Perché era un'occasione per portare in Italia quello che avevo imparato all'estero. Non dico di poter cambiare il sistema, ma se iniziano a tornare persone reclutate con logiche diverse, forse le cose potranno modificarsi. O almeno lo spero.
Con reclutate cosa intendi?
Che dovrebbero aumentare i concorsi nazionali e diminuire quelli locali, basati su logiche ben lontane dalla meritocrazia.
L'università italiana è competitiva?
Lo era, pian piano sta decadendo. Oltre al mancato ricambio generazionale dei professori, anche la burocrazia che governa le amministrazioni universitarie è penalizzante. Quando si partecipa a bandi europei, vince il ricercatore, e il progetto, che ha alle spalle una università dinamica, competitiva. I ricercatori e i progetti con università italiane alle spalle, con tutti i vincoli burocratici che ci sono, non sono competitivi ad alti livelli, soprattutto quando ci si scontra con progetti che hanno alle spalle colossi come le università inglesi.
Con la Brexit credi possa cambiare qualcosa?
Secondo me potrebbe essere un'opportunità. L'accesso ai fondi europei, senza la competizione delle università britanniche che erano imbattibili nel confezionare i progetti, potrebbe essere più semplice. Ma ci vuole comunque rinnovamento e semplificazione delle procedure. E' anche l'occasione per far rientrare chi è partito, una risorsa che serve al paese per crescere.
L'Italia non manca anche di internazionalizzazione?
Sicuramente. Quando stavo a Bordeaux ricordo che una studentessa francese doveva prendere accordi con un'università italiana. Peccato che all'ufficio internazionalizzazione nessuno parlasse inglese, francese o spagnolo.
Se dovessi stilare delle priorità cosa bisognerebbe cambiare da subito?
Abbassare l'età pensionabile dei professori ed, essendo l'Italia il Paese delle complicazioni iniziare a sciogliere i nodi, semplificando le procedure amministrative. Tra le misure che secondo me vanno prese per favorire il rientro dall'estero sarebbe poi fondamentale avviare una seria politica di incentivi fiscali, maggiorati soprattutto per i più giovani (under 40 o under 35, per intendersi), come la legge Controesodo, che ha comunque subito delle modifiche.
Sei soddisfatto di essere tornato e pensi di rimanere?
Si, sono abbastanza contento e penso che resterò anche perché volevo tornare. Anche quando sono andato all'estero in qualche modo rimanevo sempre sul confine. Tornare è una sfida, per vedere se riesco a smuovere qualcosa.

"Telling Mediterranean Dissent in Early Modern Age". Panel presentato alla "Annual Conference 2019" della European Academy of Religion (Bologna, 4-7 marzo 2019)

Dal 4 al 7 marzo 2019 si svolgerà a Bologna l'Annual Conference della European Academy of Religion.
Il gruppo di ricerca del macroprogetto Ereticopedia e dell'Associazione CLORI sarà rappresentato da un panel dal titolo Telling Mediterranean Dissent in Early Modern Age. Strategic contributions to early modern religious history, che sarà discusso martedì 5 marzo 2019.
Inoltre, mercoledì 6 marzo 2019 saranno presentati i volumi I giudici della fede. L'Inquisizione romana e i suoi tribunali in età moderna di Luca Al Sabbagh, Daniele Santarelli, Herman H. Schwedt, Domizia Weber (Edizioni CLORI, Firenze 2017) e La Riforma protestante in 100 date di Daniele Santarelli e Domizia Weber (Della Porta, Pisa 2017).

Per maggiori info: https://www.europeanacademyofreligion.org

Panel sul disciplinamento socio-morale nel settentrione italiano in età moderna presentato al convegno "Attraverso la Storia" (Padova, 20-22 febbraio 2019)

Dal 20 al 22 febbraio 2019 si svolgerà a Padova la V edizione del convegno "Attraverso la Storia", organizzato dalla SISEM (Società Italiana per la Storia dell'Età Moderna) e dedicato alla presentazione delle ricerche dei giovani studiosi.
Nella giornata inaugurale, il 20 febbraio, a partire dalle ore 18:00, sarà discusso il panel Imaginetur causam praesentis examinis? Il disciplinamento socio-morale nel settentrione italiano d'età moderna (XVI-XVIII secolo), che vedrà le relazioni di due membri della nostra Associazione CLORI, Luca Al Sabbagh (coordinatore del panel stesso) e Domizia Weber.

Per consultare il programma completo dell'evento collegarsi alla pagina:
http://www.lasisem.it/cms/cms_files/20190210082130_icky.pdf


L'Inquisizione a Reggio Emilia in età moderna

La puntata della trasmissione "La Clessidra" su Telereggio (canale 14 digitale terrestre in Emilia-Romagna e canale 518 Sky) di domenica 17 febbraio, ore 21:30, sarà dedicata alla storia del tribunale inquisitoriale che operò a Reggio Emilia in età moderna.

Interverrà in trasmissione Luca Al Sabbagh, specialista del tema.

Per maggiori informazioni collegarsi alla pagina:
http://www.reggionline.com/alla-clessidra-linquisizione-reggio-emilia-video


Il fremito del Novecento

È appena stato pubblicato il libro di Sergio Apruzzese, Il fremito del Novecento. Frammenti d'anima giovanile nel secolo della potenza. Il volume si inserisce nella collana Il "cannocchiale" dello storico. Miti ed ideologie, Sezione Dinamiche del contemporaneo, pubblicata da Aracne editrice (per maggiori informazioni sulla collana: http://www.aracneeditrice.it/index.php/collana.html?col=cadst2).

IL FREMITO DEL NOVECENTO.
FRAMMENTI D'ANIMA GIOVANILE NEL SECOLO DELLA POTENZA (1903-1948)

Il volume studia come fu percepito e vissuto da una parte significativa della coscienza culturale e politica italiana espressa dalla generazione in larga maggioranza nata dopo l’Unità, il fremito nazionalista nel Novecento inteso come il secolo della potenza. Nell’epoca della modernità trionfante e degli imperi coloniali tutto sembrava possibile, tutto sembrava realizzabile, tutto doveva essere grande, attrattivo, armonioso, luminoso, puro, eroico: non c’era posto per la mediocrità, per le fragilità di un’umanità dedita solo al materialismo; un nuovo mondo attendeva l’umanità adeguatamente redenta. Scrittori, giornalisti, filosofi, pittori, poeti, scienziati, pedagogisti, storici, laici e non, intesero la vita come missione di rigenerazione della comunità nazionale che non poteva non proiettarsi nel vortice affascinante della modernità senza la convinzione di poter far nascere una più bella e più potente civiltà in cui potesse regnare indiscusso lo splendore della totalità e dell’armonia. Dallo scrittore fiorentino Giovanni Papini ai neotomisti dell’Università Cattolica di Milano, il libro è un viaggio all’interno dell’universo mitologico nazionalista, animato dalla volontà di comprendere un versante rilevante dell’anima giovanile del Novecento che ha segnato con i suoi pensieri e le sue azioni la storia contemporanea, lasciando una variegata e complessa eredità riguardante anche le nuove generazioni del terzo millennio.

Maggiori informazioni e anteprima alla pagina:
http://www.aracneeditrice.it/aracneweb/index.php/pubblicazione.html?item=9788825521412

Gli arcivescovi di Monreale tra Controriforma e Inquisizione

di Antonino Corso

Al governo della Città, Stato e Arcivescovato di Monreale, agli inizi del XVII secolo, furono inviati una serie di alti prelati espressione di una visione più legata all’intransigenza dell’Inquisizione spagnola (essendo la Sicilia di pertinenza della corna di Spagna dal 1516). La visione pastorale degli arcivescovi monrealesi che dalla metà del XVI secolo attuarono pratiche di evangelizzazione ed educazione, pur sempre assai rigide, per l’indottrinamento religioso popolare, lasciarono il passo a metodi piuttosto improntati alla condanna e repressione dei comportamenti non linea con il pensiero politico e religioso dell’epoca (nella fattispecie monrealese questi poteri si sommavano nella persona dell’arcivescovo pro tempore). Tre Arcivescovi si ricordano il particolare, nel Seicento, per la loro severa e rigida visione di governo accompagnata da pratiche improntante a slanci ricchi di fervore religioso misto a pietismo nei confronti delle ceti più umili ed esposti.
Monsignore Jéronimo De Venero y Leyva (Valladolid, 1558 – Monreale, 1628) era l'esponente di una ricca e potente famiglia spagnola i cui appartenenti per generazioni hanno militato tra le fila dell’Inquisizione e i più alti ranghi politici e militari anche nel nuovo continente. Prelato di vastissima cultura, conseguì laurea e dottorato, indisse e celebrò a Monreale un sinodo diocesano nel 1622 tutto puntato sulla Fede, sull’Osservanza, la Disciplina e il Culto prescrivendo durissime reprimende per chi deviava dall’ortodossia cattolica alla volta dell’eresia religiosa.
Il cardinale Cosimo De Torres (Roma, 1584 – Roma, 1 maggio 1642), già Legato pontificio e Protettore del regno di Polonia, ricoprì cariche politiche e religiose di primissimo piano. Sulla scia del Venero, De Torres operò nel governo di Monreale con mano ferma. Nel 1638 indisse un sinodo diocesano in cui fece la sua comparsa il Tribunale della Santa Inquisizione come termine ultimo dell’iter giudiziario e di condanna per i crimini di Fede commessi nello Stato monrealese e non di competenza del tribunale arcivescovile locale.
Il Cardinale Luis Alfonso De Los Cameros Estrada (Alcalà de los Gazules, 6 febbraio 1600 – Valencia, 18 settembre 1676) s’inserisce anche lui nella teoria degli arcivescovi monrealesi intransigenti del XVII secolo. Potentissimo prelato, fu presidente del Tribunale della Regia Monarchia e Primo Inquisitore di Sicilia. Nell’autodafè del 1658 fu lui a celebrare la condanna al rogo del monaco fra Diego La Matina, eretico formale e assassino dell’inquisitore Juan Lopez de Cisneros all’interno del carcere dei Pentitenziati di Palermo. Severissimo censore, pubblicò in Monreale nel 1666 un bando in cui erano dettate norme e comportamenti da tenere e le relative pene economiche carcerarie e corporali a cui si poteva andare incontro violandole.

Per consultare le voci su Jéronimo De Venero y Leyva, Cosimo De Torres e Luis Alfonso De Los Cameros Estrada pubblicate nel Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo, collegarsi alle pagine:

Per ulteriori approfondimenti cfr. Antonino Corso, La Città, Stato e Arcidiocesi di Monreale. Arcivescovi e popolo tra Controriforma e Inquisizione (XVI-XVIII sec.), "Quaderni eretici", 6/2, 2018, pp. 5-51.






Le origini del fascismo in Terra di Lavoro (1920-1926)

È appena stato pubblicato il libro di Armando Pepe, Le origini del fascismo in Terra di Lavoro (1920-1926). Il volume si inserisce nella collana Il "cannocchiale" dello storico. Miti ed ideologie, Sezione Dinamiche del contemporaneo, pubblicata da Aracne editrice (per maggiori informazioni sulla collana: http://www.aracneeditrice.it/index.php/collana.html?col=cadst2).

LE ORIGINI DEL FASCISMO IN TERRA DI LAVORO (1920-1926)

Avvalendosi di un’ampia documentazione inedita, il saggio percorre i drammatici eventi che segnarono l’affermazione del fascismo in Terra di Lavoro. Emergono con chiarezza la diffusa violenza e l’attenzione esclusiva al proprio particolare. Interessante è il racconto della rapida ascesa di una nuova classe politica, composta da coloro che prima del fascismo erano esclusi dal governo territoriale. Appaiono personaggi dallo spregiudicato trasformismo, che cavalcarono agguerriti l’onda della rivoluzione in camicia nera. Dal 1924 l’uso della violenza scemò rispetto agli altri metodi di gestione del potere che la dittatura utilizzava.

Maggiori informazioni e anteprima alla pagina:
http://www.aracneeditrice.it/index.php/pubblicazione.html?item=9788825521290