Sanzioni penali per l'inosservanza del "lutto nazionale"?

Pubblichiamo di seguito le riflessioni di Gioacchino Romeo, magistrato a riposo, a margine di una vicenda che, nel quadro del lutto nazionale proclamato per le esequie di Stato dell'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (14 giugno 2023), ha suscitato molto clamore.

Ho letto, nel sito sienanews.it – che annunciava il boom di firme a sostegno del rettore Montanari per la scelta di non adeguarsi al diktat della presidente del consiglio di tenere le bandiere a mezz’asta per il lutto nazionale in onore di Berlusconi – la notizia della singolare presa di posizione di un docente di diritto penale secondo il quale tale decisione potrebbe costar cara al rettore.
Il docente sosterrebbe, in una dichiarazione rilasciata ad Adnkronos, che il lutto nazionale proclamato dall’Autorità, se non rispettato, è sanzionabile secondo l’art. 650 c.p. fino a tre mesi di reclusione o con ammenda fino a 200 euro e che, data la notorietà di Montanari, la Procura di Siena procederebbe d’ufficio.
Inedita presa di posizione. Ma, giusto per chi non è al corrente delle questioni per così dire “tecniche”, va premesso che l’articolo citato così recita: “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.
E va ricordato che, secondo una incontrastata e risalente giurisprudenza, è del tutto pacifico che il presupposto perché possa configurarsi il reato è l’esistenza di un “provvedimento legalmente dato” (e cioè un provvedimento del governo, qui non reperito, salvo errore, in alcuna delle Gazzette ufficiali più recenti) e, soprattutto, che esso si fondi su ragioni di giustizia o di sicurezza o d’ordine pubblico o d’igiene, ragioni la cui sussistenza è il giudice a dover accertare.
Ora, l’unica ipotesi alla quale, in astratto, si potrebbe pensare, nel presente caso, è quella delle ragioni di ordine pubblico. Ma, a scorrere la lunghissima casistica esaminata dalla Corte di cassazione in settanta e più anni di pronunce, non si rinvengono precedenti che possano far, neanche lontanamente, pensare a una simile ipotesi.
Nel lontano 1975 la Corte di cassazione ebbe ad esaminare un caso, in linea teorica ben più grave del presente (un soggetto che, in occasione di una cerimonia ufficiale in commemorazione dei caduti, si era rifiutato di osservare l’ordine di allontanamento impartito dall’autorità motivato dal fatto che portava con sé una bandiera italiana con lo stemma sabaudo e così creava una situazione di pericolo per l’ordine pubblico) e ritenne di escludere il reato (Cass., sez. VI pen., 16 aprile 1975 n. 8420).
Le pronunce più recenti sono ancor più nette: così non sussiste il reato per la condotta dello straniero illegalmente presente nel territorio dello Stato che non osservi l’invito, dato per motivi di ordine pubblico, a presentarsi in Questura in vista dell’espulsione (Cass., sez. I pen., 5 febbraio 2021 n. 9890).
In un momento nel quale il disegno del governo è quello di abrogare il delitto di abuso d’ufficio e di procedere a una vasta opera di depenalizzazione, appare davvero surreale l’idea di un’interpretazione dell’art. 650 c.p. nei termini sopra evocati dal docente torinese. Ma soprattutto è piuttosto improbabile che una Procura della Repubblica possa avviare l’azione penale per un fatto del genere, con la quasi certezza di una fulminea archiviazione della notitia criminis da parte del giudice.

Gioacchino Romeo 
(magistrato a riposo)

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