La
V edizione del Seminario di studi dottorali in storia ed economia nei paesi del
Mediterraneo, svoltasi a Napoli dall’1 al 5 ottobre 2018 presso l’Istituto di
Studi sulle Società del Mediterraneo (CNR-ISSM), quest’anno è stata dedicata al tema “Paesaggio religioso nell’Europa
mediterranea (secc. XIV – XIX)”.
L’appuntamento
seminariale residenziale è stato reso possibile grazie agli accordi tra
istituzioni di ricerca di diversi paesi europei che ogni anno destinano borse
di studio a giovani studiosi, dottorandi o dottori e assegnisti di ricerca
provenienti da diversi paesi dell’Europa e i cui progetti sono ritenuti
coerenti con il tema proposto dal Comitato Scientifico. In quest’ultima
edizione ben ventidue borse sono state finanziate dai partner del progetto, tra
cui figurano l’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea del CNR,
l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, l’Istituto Storico
per il Medioevo, l’Università di Barcellona, l’Institució Milà i Fontanals del
Consejo Superior de Investigaciones Cientifícas di Barcellona, la Maison
Méditerranéenne des Sciences de l’Homme - LabexMed, Aix-Marseille Université,
l’Université de Rouen-GRHis.
Come
già evidenziato, il tema del Seminario 2018 è stato il paesaggio religioso (religious landscape) utilizzato come
chiave di analisi di un lungo periodo, dal Medioevo all’età contemporanea, in
cui si calano diverse realtà dislocate nello spazio e nel tempo; lo scopo è
quello di ricostruire un ampio panorama storiografico al fine di proporre
modelli interpretativi e comparativi capaci di coprire molteplici ambiti
semantici.
Al
fine di comprendere appieno lo scopo del Seminario è, però, necessario capire
cosa si intenda per paesaggio religioso. Paesaggio
è una parola complessa, con innumerevoli possibilità di definizione in base al
contesto in cui essa viene adoperata. Un primo fondamentale approccio è quello di
esaminare le dinamiche innescate sull’ambiente circostante dalla realizzazione
di edifici destinati ad accogliere le comunità monastiche. La presenza di
strutture che, oltre a ospitare i regolari, delimitano spazi di controllo
diretto, trasformano le fasce territoriali limitrofe, incidendo sulle vie di
comunicazione, sulle colture, sulle relazioni con la popolazione e con le strutture
ecclesiastiche del territorio (parrocchie, diocesi, comunità vicine) forniscono
piste di ricerca e sollecitazioni di ampio respiro. Il Seminario è stato suddiviso
in due sessioni: una mattutina, dedicata alle lezioni dei docenti e ricercatori
e una pomeridiana, riservata alla presentazione delle ricerche dei borsisti. Le
molteplici esposizioni eseguite in diverse lingue, avvalorando in tal modo il
carattere internazionale del Seminario stesso, sono state seguite da diversi
dibattiti utili ad approfondire i diversi aspetti delle ricerche e a fornire
ulteriori spunti di riflessione.
La
settimana di studi, inaugurata dal direttore dell’Istituto di Studi sulle
Società del Mediterraneo di Napoli, Salvatore Capasso, è stata aperta
dall’intervento di Blanca Garí e Núria Jornet (Università di Barcellona),
direttrici del progetto “Paisajes Espirituales”, le quali stanno realizzando, attraverso la partecipazione di un’équipe specializzata, una mappatura e un
inventario delle istituzioni monastiche nei paesi del Mediterraneo, liberamente
consultabile tramite un sito web dedicato. Attraverso la presentazione di
questo progetto, dedicato prettamente allo studio dello sviluppo del fenomeno
religioso nell’Europa medievale, le due studiose hanno posto in evidenza l’importanza
dell’analisi dei paesaggi nei processi di recupero della storia delle comunità
monastiche maschili e femminili; un paesaggio che va frazionato nei suoi
diversi aspetti: interiore, intorno della comunità, le sue reti spirituali.
Altro grande aspetto emerso dall’intervento delle due studiose è come la
modalità di ricerca condotta si collochi in pieno nell’ambito dell’informatica
umanistica, più conosciuta come “Digital
Humanities”: la ricerca è perfezionata dall’utilizzo dei nuovi sistemi
informatici applicati alla storia. Per maggiori dettagli sul progetto si
rimanda al seguente link: http://www.ub.edu/proyectopaisajes/index.php/es.
All’intervento
introduttivo sopra richiamato, sono seguiti degli approfondimenti condotti del
team del progetto. Maria Soler Sala (Università di Barcellona) e Antonio
Bertini (CNR Napoli) con il loro intervento “Monasteri e paesaggio urbano a Napoli. Dagli Angioini al Concilio di
Trento” hanno ricostruito il processo di fondazione monastica, l’impatto
dei monasteri nella topografia della città di Napoli, i nessi con altri
elementi urbani ed extraurbani come, ad esempio, l’andamento della cinta
muraria, l’ubicazione delle porte della città attraverso la messa in relazione
del sistema informatico GIS (Geographical Information System) e delle carte
storiche e attuali. La mappa storica principalmente utilizzata, in
quest’analisi, è la Tavola Strozzi, databile al 1472, nella quale la città di
Napoli è ritratta dal mare da cui si possono ben ammirare il molo, i castelli,
le mura, i monasteri e le colline. La seconda sessione della prima giornata, coordinata
da Gemma Colesanti e Núria Jornet, è proseguita con gli interventi dei
borsisti. Pol Bridgewater Mateu, Xavier Costa Badia, Miriam Palomba e Laura de
Castellet, facenti parte del progetto sopra citato, con le loro ricerche in
corso, hanno cercato di presentare i possibili approcci per lo studio del
paesaggio e dello spazio monastico anche attraverso l’utilizzo dei sistemi
informatici. P. Bridgewater, con l’intervento dal titolo “Paisajes asistenciales y espiritualidad: interacción entre religón y hospitalidad en la Barcelona bajomedieval”, si è soffermato sulle
istituzioni assistenziali in epoca medievale evidenziando come l’ospedale in
questo tempo storico fosse uno spazio privilegiato inserito in una rete di
relazioni e processi che includevano un gran numero di attori, tanto laici
quanto ecclesiastici. Lo studio dei grandi ospedali urbani offre la possibilità
di approfondire i classici dibattiti sulla relazione tra i primi progetti di
assistenza socio-sanitari intrapresi dai poteri pubblici e l’articolato tessuto
di istituzioni ecclesiastiche che, durante la gran parte dell’epoca medievale,
si erano rese protagoniste degli sforzi assistenziali tanto da un punto di
vista ideologico che da un punto di vista materiale. L’Hospital de la Santa Cruz di Barcellona è un ottimo esempio per
trattare i temi prima citati. X. Costa (“Cartografiando
el paisaje religioso: Los sistemas de Información Geográfica como herramienta
para el estudio del monacato medieval en Cataluña”) ha rilevato come, inizialmente,
i sistemi informatici, conosciuti con la sigla GIS o SIG, non furono creati per
lo studio delle discipline umanistiche. Solo recentemente, infatti, gli storici
hanno iniziato a rilevare le grandi potenzialità di tali sistemi informatici
per le loro capacità di far formulare e presentare nuove ipotesi. Nella ricerca
di X. Costa tali strumenti sono utilizzati per analizzare l’ubicazione e la
distribuzione di due tipi di centri religiosi: i monasteri benedettini ed i
conventi delle clarisse in Catalugna durante il basso e l’alto medioevo. Con
questo esercizio ha fornito prova di un modello insediativo che si ripete nella
maggior parte dei casi e alcuni modelli di fondazione che aiutano a
ricostruire, o comprendere meglio, l’origine di questi centri religiosi, le
loro funzioni sociopolitiche e le relazioni che stabilirono con il resto degli
elementi del paesaggio. M. Palomba è intervenuta poi con una relazione dal
titolo “Paesaggi e spazi monastici della
pontificia città di Benevento: una ricostruzione tra fonti e metodi informatici
(QGIS). L’esposizione è stata suddivisa in due parti: paesaggio e spazio. Nella
prima parte, si è basata sulla ricostruzione del paesaggio monastico della
città di Benevento attraverso la sovrapposizione di carte topografiche
realizzate con il sistema informatico QGIS. In esse, sono stati geolocalizzati
i monasteri benedettini, maschili e femminili fondati tra il VII ed il XIII
secolo. Un’altra carta topografica ha illustrato l’ubicazione delle comunità
degli ordini mendicanti che si affermarono all’interno della città di
Benevento, tra la fine del XII e gli inizi del secolo XIII, consentendo di
verificare come queste ultime si andarono ad affiancare o a sostituire a quelle
preesistenti benedettine. Sono state presentate, inoltre, carte topografiche
per evidenziare le varie soppressioni dei monasteri, che si susseguirono con
l’avanzare della cronologia, arrivando al secolo XIX. La seconda parte
dell’intervento, invece, è stata dedicata allo spazio monastico, ossia al ruolo
economico e sociale che alcuni enti monastici della città ebbero all’interno
del sistema urbano e nell’hinterland della stessa città di Benevento. L. de
Castellet, con l’intervento dal titolo “El
monasterio como generador de paisaje sonoro en la Edad media”, attraverso
la comparazione di fonti archeologiche, documentali, iconografiche, testuali ed
anche linguistiche, ha ricostruito il paesaggio sonoro, non solo monastico ma
anche storico attraverso il suono degli strumenti, che cambia in base alle loro
tecniche di costruzione, al contesto economico dell’utilizzo delle campane e
dei campanacci, alla comunicazione sonora tra torri e castelli etc. L’intervento
ha riguardato, ovviamente, anche il grande protagonismo della musica, della
comunicazione sonora e della creazione di una entità sonora monacale. L’ultimo
intervento, della prima gioranta di lavori è stato quello di María del Prado
Rodríguez Romero, “Modelos de
implantación de las comunidades religiosas femeninas en los territorios de
Órdens Militares de Castilla-La Nueva. Siglos XIV-XVI”. Il suo lavoro di ricerca ha avuto
come obiettivo stabilire i modelli di fondazione delle comunità religiose
femminili nei territori degli Ordini Militari della Meseta Sur castigliana.
Attraverso quest’analisi, sono stati resi evidenti i problemi derivanti dalla
proibizione espressa dalla regola e dall’istituzione degli Ordini Militari per
fondare conventi nei loro territori, una situazione che determinò uno sviluppo
tardivo delle comunità religiose in generale ed in particolar modo di quelle
femminili.
La seconda giornata, ha avuto
inizio con la lezione di João Luís Inglês Fontes (Universidade Nova de Lisboa),
membro del progetto “Paisajes”, intitolato
“Monastic landscapes of medieval Portugal: an overview”, che ha
illustrato nello specifico l’evoluzione del paesaggio monastico in Portogallo
con la messa in relazione di fonti, anche cartografiche, e sistemi informatici
(GIS). Successivamente Ivana Ait (Università “La Sapienza” di Roma) è
intervenuta con la relazione dal titolo “Un monastero e un territorio: le
nobili badesse romane di San Lorenzo in Panisperna (XIV -XV secolo)”,
attraverso la quale ha evidenziato la funzione delle nobili famiglie
all’interno degli spazi monastici prendendo come esempio l’importante monastero
di San Lorenzo in Panisperna ubicato in Roma. Infine, nella
sessione mattutina, Frédéric Cousinié (Université de Rouen Normandie), con la
relazione dal titolo “Une Nature réformée? Paysages de Sébastien Bourdon
(1616-1671), académicien et peintre calviniste”, analizzando l’opera Paysages de Sébastien Buordon, ha
descritto come si può percepire, attraverso l’osservazione di alcune opere
d’arte, il paesaggio religioso.
Presieduta da Ivana Ait e Blanca
Garì è stata la sessione pomeridiana, aperta da Marie Emmanuelle Torres, con la
relazione "Un même corps, une même voix. Occupation rituelle de l'espace sonore
sous les Paléologues" nella
quale, delineando le processioni a Costantinopoli durante l’ultima dinastia
dell’Impero Bizantino, i Paleologi, la studiosa ha descritto la diffusione e la
percezione del suono all’interno di questo paesaggio specifico e il ruolo della
donna all’interno di questi scenari religiosi. Léa Friis Alsinger
(“Objects in religious landscapes. Case of Jewish communities in Aragonese
Kingdom. 14-15th
centuries”), attraverso lo studio delle comunità ebraiche e
degli oggetti rappresentati sulle facciate dei loro edifici, ha analizzato il
loro impatto sul paesaggio urbano e religioso in alcune città. È stata rilevata
la distinzione tra oggetti “permanenti”, come ad esempio le mezuzot presenti
sulle facciate di alcuni edifici a Girona, Besalu e Castello d’Empuries, e
oggetti “temporali” come ad esempio le tavole da macello di Monblanch che evidenziano
la divisione tra il paesaggio ebreo e quello cristiano. Facendo, inoltre,
riferimento ai candelabri e ai luminari della festa della luce januka, la
studiosa ha descritto come, attraverso questi oggetti, il criterio di
visibilità della luce può essere identificato come una prescrizione religiosa
cha va ad influenzare il paesaggio urbano durante la notte. Maria
Ferrer-Vidal (“Santa Eufemia de Cozuelos: The first female founding of the
Military Order of Santiago. A
methodological model for the historical recovery of a lost monastic space”) ha presentato
la storia di uno dei primi monasteri femminili dell’Ordine Militare di
Santiago, Santa Eufemia de Cozuelos, un centro monastico abbandonato nel corso
dell’anno 1502 e del quale ci è pervenuta solo la chiesa. La studiosa ha ben
sottolineato le grandi difficoltà incontrate per ricostruire la storia di
questo spazio religioso ormai perduto e come per localizzare alcune strutture
del monastero medievale, abbia utilizzato il sistema GPS. Ivan Parisi (“Paesaggio religioso della Spagna della fine del Quattrocento nel database
sulla documentazione borgiana dell’Archivio Segreto Vaticano realizzato
dall’IIEB”) ha esposto il database che sta creando sulla documentazione dei
pontificati di Callisto III e Alessandro VI Borgia. I risultati del progetto
daranno la possibilità di ampliare le informazioni sulla carriera ecclesiastica
dei membri della famiglia Borgia, di ricostruire anche la rete di relazioni con
i loro familiari e servitori e, soprattutto, di offrire informazioni sul clero
spagnolo e sulle relazioni con la Santa Sede, apportando dati sulla geografia
ecclesiastica dell’epoca. Emanuele Carletti è intervenuto poi con la relazione
dal titolo “Gli ordini mendicanti e la
costruzione di un nuovo paesaggio religioso: l’esperienza dei Servi di Maria
nell’Italia cento-settentrionale tra XIV e XV secolo. Gli ordini mendicanti
hanno contribuito alla costruzione di un nuovo paesaggio religioso tra il XIV e
XV secolo, in contesti ambientali molto diversi tra loro (in particolar modo
l’intervento si è soffermato sul tema particolare dell’Ordine dei Servi di
Maria). Il suo studio si limita all’Italia centro-settentrionale, poiché
risulta la zona maggiormente interessata all’espansione di quest’ordine tra la
seconda metà del XIII e la prima metà del XV secolo. Infine,
con la relazione “Los caminos de las muliere
sreligiosae. La peregrinación del alma comoprática devocional en la Europa
medieval (s. XIV-XV). Un aproximación a su método de
estudio”, Helena
Casas Perpinyà ha descritto come durante il basso medioevo, con il diffondersi
della spiritualità mendicante, fosse cresciuta la migrazione delle mulieres religiosae, un movimento che
richiama la lunga tradizione delle donne pellegrine e viaggiatrici della prima
generazione cristiana. Lo scopo del progetto, è quello di tracciare il loro
cammino, conoscere le mappe, i paesaggi da esse percorsi. Si trattava di
percorsi che avevano come fine quello di raggiungere centri religiosi come, la
Penisola Iberica, Santiago de Compostela, Roma, Gerusalemme. Altro obiettivo di
fondamentale importanza prefissato sarà quello di riuscire a tracciare, in
questi lunghi spostamenti, una relazione tra migrazione geografica e migrazione
dell’anima.
Il terzo
giorno ha avuto inizio con l’intervento di Mario Rosa, emerito della Scuola
Normale Superiore di Pisa, concentrato sulla descrizione del paesaggio
religioso italiano nel Settecento. Mario Rosa, attraverso una sequenza di
riflessioni, ha messo in relazione il paesaggio storico con il paesaggio
religioso, sottolineando come quest’ultimo si andò modificando con il
succedersi dei conflitti di questi anni insieme agli ordinamenti dettati dalla
Chiesa. Particolare attenzione lo studioso ha prestato alle soppressioni
monastiche, asserendo che far sparire gran parte delle istituzioni monastiche
significa stravolgere l’intero paesaggio. Sergi Sancho Fibla (Maison
Méditerranéenne des Sciences de l'Homme, Labex MedAix- Marseille Universités) è
intervenuto con la relazione “Disegnare i contorni d'una spiritualità
regionale. Certosine provenzali (XIII-XIV) e la sua ricezione tardo-medievale”.
Nonostante la forte dispersione
delle fonti documentarie, con la sua ricerca, lo studioso ha tentato di
ricostruire la diffusione ed affermazione del ramo femminile dell’Ordine
Certosino. Le comunità di sole donne apparirono a partire del 1155 quando le
monache del monastero di Prébayon, in Provenza, decisero di abbracciare la
regola di vita certosina, adottando le loro Consuetudini. Ci sono giunte le
consuetudini di Guigo I, rivedute poi da Giovanni di Spagna, priore della
Certosa di Montrieux, che queste donne dovettero seguire. Durante la relazione
sono state citate, inoltre, tre figure femminili di particolare importanza:
Beatrice d’Ornacieux, Marguerite d’Oingt e Roseline de Villeneuve. Con
l’intervento di Giancarlo Lacerenza, (Università “L’Orientale” di Napoli), dal
titolo “D'incommodo, di peso, e di scandalo: il tentativo fallito di
riammettere gli ebrei a Napoli nel Settecento”, è stato esaminato un
distinto paesaggio, quello degli ebrei nella città di Napoli nel Settecento.
La comunità ebraica presente nell’Italia meridionale e nella città di
Napoli sin dall’epoca romana venne condannata ad una serie di esili con il
passare dei secoli. La sua presenza si interruppe con l’espulsione del
1510-1541, per poi riprendere provvisoriamente nel corso del Settecento, quando
Carlo di Borbone avviò progetti di riorganizzazione che determinarono nel corso
del 1740 un temporaneo ritorno degli ebrei nella città, finché le tensioni
ecclesiastiche causarono una nuova scomparsa pochi anni dopo. Matkco Matija Marusić
con l’esposizione della sua ricerca,“Landscapes of the Holy Land Devotion in
Late Medieval and Early Modern Dubrovnik”, ha dato inizio alla terza
sessione pomeridiana presieduta da Paola Avallone e Sergi Sancho Fibla. È stato
presentato, un esame topografico di alcuni siti evocativi costruiti sia dentro
che fuori le mura della città di Ragusa (l’odierna Dubrovnik) nel corso del XV
secolo. Particolare attenzione poi, è stata dedicata a un complesso devozionale
situato su di un isolotto appena fuori dal porto principale della città, Daksa.
Ornella Tommasi, con la relazione dal titolo “La cappella dei Gattamelata (e
dei Lion) al Santo di Padova dal secolo XV al XIX secolo: tra devozione
religiosa, reti familiari, investimenti economici ed esigenze geo-politiche”,
ha messo in evidenza come la cappella, che fu costruita nel corso del 1456 in
onore di Erasmo de Narni detto il Gattamelata, rappresenti uno spazio
importante nell’ambito del paesaggio religioso della città di Padova e non
solo. La cappella è ubicata nella chiesa di Sant’Antonio che, a sua volta, nel
corso del secolo XV era luogo di sepoltura dei nobili, dei professori
universitari e benemeriti della città di Padova, un vero e proprio Pantheon. La
cappella dei Gattamelata è un ottimo strumento che consente di comprendere le
dinamiche proprie di uno spazio privato e pubblico di due casate inserite nelle
reti del potere politico e religioso del loro tempo. Andrea Pergola, con l’intervento
dal titolo “Il colle di Buon Cammino e la chiesa dei Santi Lorenzo e
Pancrazio: luoghi del sacro a Cagliari tra Medioevo e Età Contemporanea”, ha
analizzato, attraverso lo studio di documenti datati all’epoca medievale e
contemporanea, l’ubicazione ed il paesaggio circostante alla chiesa di San
Lorenzo e Pancrazio in Sardegna e ha sottolineato come la chiesa ed il
paesaggio circostante, tra i secoli XVII e XIX, fossero in continuo
cambiamento. La documentazione, riguardante l’amministrazione della chiesa, restituisce
informazioni su due aspetti, in altre parole i rapporti tra la chiesa e figure
non legate sempre alla sfera ecclesiastica e le modalità di finanziamento delle
festività che si svolgevano al suo interno. Un altro patrimonio documentario,
inedito, attesta l’esistenza di una figura addetta alla gestione della stessa
chiesa: i custodi. Con l’intervento di Federica Marti, dal titolo “La visita
pastorale come strumento episcopale privilegiato di controllo territoriale: il
verbale di Policastro Bussentino del 1597”, l’attenzione si è spostata
sulle visite pastorali. Partendo dall’affermazione che le visite
pastorali costituiscono una tipologia documentaria importante per comprendere
la relazione tra il contesto religioso e quello territoriale, è stato esposto
il caso della più antica visita pastorale della città di Policastro, testo
giunto integro e completo, datato al 1597 e redatto dal cardinale Filippo
Spinelli. Anche l’intervento di Andrea Arcuri,“El Pisaje religioso pujarreño
tras el “levantamiento”: las visitas pastorales de 1575, 1578 y 1591”, è
stato basato sul tema delle visite pastorali. Attraverso l’analisi delle visite
pastorali svoltesi a La Alpujarra negli anni 1575, 1578 e 1591, lo studioso ha descritto
il paesaggio religioso del territorio: un paesaggio negativo con delle forti
ferite causate dalla guerra, che ha prodotto la distruzione di molti edifici.
Inoltre la sua attenzione si è rivolta, sempre attraverso la lettura delle
visite, sulle conseguenze che la guerra determinò nell’organizzazione delle
parrocchie, nella rete beneficiaria e nella ripresa delle nuove pratiche
liturgiche. La penultima giornata, e ultimo giorno di esposizione degli
interventi, si è svolta presso la sede dell’Università “Suor Orsola
Benincasa di Napoli”. Giovanni
Lombardi (CNR-ISSM di Napoli), con l’intervento dal titolo “Paesaggio
religioso, siti ed eredità storica attraverso lo sguardo delle comunità
costiere”, ha evidenziato, anche
attraverso una serie di immagini e foto, come può mutare la percezione del
paesaggio urbano e religioso nelle comunità costiere. Vittoria Fiorelli
(Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli), trattando dei
conventi femminili nella Napoli spagnola nella relazione dal titolo “Una
capitale postridentina. Conventi femminili nella Napoli spagnola”, ha cercato di dare una visione d’insieme
dello sviluppo e della trasformazione imposta dalle regole del Concilio ai
monasteri femminili che, occupando ampi spazi del centro della capitale del
Regno, tendevano a “fare insula” cambiando il volto delle strette strade del
centro e trasformando il tessuto sociale ed economico urbano su cui si
innestavano. V. Fiorelli ha poi guidato colleghi e borsisti in una visita della
cittadella monastica, oggi occupata dall’Università, che costituisce un esempio
unico di comparto conventuale urbano in cui hanno convissuto per secoli due
comunità distinte, una di oblate e una di monache di clausura. Lidia
Cotovanu (Accademia delle Scienze di Romania, Institutul de Istorie Nicolae
Iorga), infine, è intervenuta con una relazione dal titolo “Église, pauvres
et richesse. Pratiques évergétiques dans le monde orthodoxe post-byzantin”. Partendo dal concetto di evergetismo, una
parola di derivazione greca che significa eseguire buone azioni, sono state
descritte le pratiche assistenziali, ovvero l’esercizio dell’assistenza ai
poveri e ai pellegrini nel mondo ortodosso e post-bizantino, un’attività svolta
dalle istituzioni ecclesiastiche. L’ultima sessione pomeridiana, presieduta da
Raffaella Salvemini e Ilaria Zilli, ha avuto inizio con la presentazione della
ricerca di Cinzia Sulas, “Le vie segrete della stampa cattolica
controrivoluzionaria. La nascita dell'Amicizia Cristiana nel territorio
piemontese e la sua diffusione europea”. Nella prima parte dell’intervento è
stata delineata la storia e la struttura
organizzativa dell’Amicizia cristiana, un’associazione segreta sorta a Torino
per volere di un piccolo gruppo di sacerdoti laici. Nella seconda parte invece,
sono state illustrate le dinamiche espansionistiche di questa comunità, da
Torino verso il Sud della penisola italiana e verso il Nord Europa e la Russia.
L’intervento di Davide Esposito, “L'Imitatio Christi nella chanson de
Jérusalem”, si è soffermato sul significato ideologico delle sofferenze
patite dai guerrieri crociati nella Chanson de Jérusalem e
sull’influenza della spiritualità cistercense. Inoltre, ha sottolineato che i
protagonisti della Chanson sono uomini che soffrono e si lamentano,
uomini fragili, umili e modesti: perciò il pellegrinaggio di questi uomini
viene paragonato al percorso della Imitatio Christi. Con Valerio Luca
Floris si è ripreso nuovamente il discorso sulle visite pastorali. Il
suo intervento, dal titolo “Le visite pastorali, fonti non neutre per lo
studio del paesaggio religioso. Un esempio: la visita pastorale del 1621 in
Ogliastra”, è stato incentrato
sulla descrizione delle visite pastorali svoltesi a Cagliari e nelle diocesi
unite in età moderna, facendo anche riferimento a quelle svolte dai presuli
Karalitani nei territori ad essi sottomessi. L’intervento ha illustrato infine
un caso specifico, ovvero l’attività pastorale di monsignor De Esquivel,
metropolita della città di Cagliari dal 1605 al 1624, che visitò più volte il
territorio a lui assegnato sia in prima persona sia tramite un chierico
incaricato, come per esempio Miguel Catalá. Gli ultimi due interventi sono
stati quelli di Marco Battessa,“Luoghi del dissenso e paesaggio alpino. I
Valdesi nel Piemonte Sabaudo (1685-1710) ”, e di Louise Bonvalet,
Stregoni nella città? Stregoneria urbana a Venezia nel XVII secolo. M.
Battessa ha posto in evidenza come le valli valdesi sono un interessante
oggetto d’indagine per esaminare e comprendere come gli interventi dei poteri
centrali sul territorio, quello francese, quello sabaudo e quello
ecclesiastico, rappresentino le cause delle modifiche paesaggistiche. Punto di
partenza della sua analisi è stata l’istituzione cardine del cattolicesimo
valligiano, ovvero il Priorato della comunità di Mentoulles. L’arco temporale
analizzato si colloca tra la revoca dell’Editto di Nantes (1685) e gli anni
dieci del Settecento. L. Bonvalet, dopo aver presentato una panoramica generale
sulla storiografia, ha rilevato come la problematica della stregoneria, nel
contesto urbano, inteso come paesaggio, sia stata poco analizzata. L’attenzione
è stata dedicata al caso della città di Venezia, uno spazio geografico
definito. L’intervento si è concentrato principalmente sui processi di stregoneria tra il 1630 ed il 1700 a Venezia e
che riguardavano soprattutto gli uomini. Nell’ultimo giorno del Seminario i
borsisti sono stati invitati ad una visita guidata presso l’Archivio di Stato
di Napoli che ha sede nell’antico monastero dei Santi Severino e Sossio (fondato da una comunità di benedettini nel 902), ubicato nel pieno centro storico della città.
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