Altadonna Malacrea, strega di Pasiano di Pordenone dotata di poteri proteiformi

Nel Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo, fulcro del sito Ereticopedia, è stata pubblicata la voce su Altadonna Malacrea, strega di Pasiano di Pordenone, vissuta tra la fine del XVI sec. e l'inizio del XVII, dotata di poteri proteiformi, che fu coinvolta nell’assai complessa vicenda del mago Aquino Turra, scoppiata tra Pasiano e Meduna di Livenza agli inizi del Seicento.

La voce, redatta da Mauro Fasan, è consultabile alla pagina:
http://www.ereticopedia.org/altadonna-malacrea

Elisabetta Grimaldi, strega di Meduna di Livenza vissuta a cavallo tra Cinquecento e Seicento

Nel Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo, fulcro del sito Ereticopedia, è stata pubblicata la voce su Elisabetta Grimaldi, strega di Meduna di Livenza vissuta a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Come riportato nella voce:
Nella deposizione rilasciata al Santo Ufficio, la giovane disse che approfittava della notte magica di S. Giovanni (23-24 giugno) per lasciare alla rugiada delle foglie di fico, verificandone lo stato al mattino. Nel caso una, o più, di queste fosse stata ritrovata avvizzita «significasse la morte di colui per cui era stata messa».
Continuò raccontando che la stessa notte aveva “tamisato” (setacciato) la cenere su richiesta di una giovane ragazza nubile, la quale la mattina seguente vide «sogni espressi nella detta cenere dell’arte et professione particolare che havrebbe fatto colui che doveva essere suo marito». Per poter far ciò, utilizzò il “tamiso”, ossia un setaccio con struttura esterna circolare in legno. Un semplice strumento di uso quotidiano, molto diffuso per i sortilegi legati alla divinazione.
La voce, redatta da Mauro Fasan, è consultabile alla pagina:
http://www.ereticopedia.org/elisabetta-grimaldi

Il vescovo di Alife Gennaro Di Giacomo nel libro «La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti (1860-1870)» di Carmine Pinto

di Armando Pepe

Anche se da un punto di vista puramente legittimistico la caduta del Regno delle Due Sicilie poteva indurre a conati rivendicativi suffragati da comprensibili ragioni, come si ricava dal memoriale di un religioso alcantarino del convento di Santa Maria Occorrevole in Piedimonte durante il tumultuoso 1860, una questione storiografica ancora aperta è la guerra per (e del) Mezzogiorno d’Italia, all’indomani dell’unificazione. Per più di un decennio lo Stato italiano fu impegnato in una strenua lotta contro il brigantaggio. Chi erano i briganti? Questo è il punto. Patrioti o semplici delinquenti che mascheravano il crimine ammantandolo di nobili ideali? Affrontando un discorso molto più ampio e partendo dai teorici del neo-borbonismo (tra i quali Pietro Calà Ulloa e Giacinto de Sivo), Carmine Pinto dà delle esaustive risposte, concentrate in nuclei tematici tanto concettualizzanti quanto entusiasmanti a leggersi, nel libro recentemente edito da Laterza «La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti (1860-1870)» basato su di una straordinaria mole documentaria, raccolta in un pluriennale lavoro negli archivi di tutta Italia. Il brigantaggio ha interessato da presso e in modo cogente il nostro territorio, volendo solo accennare agli episodi di violenza estrema rimasti nella memoria collettiva, come l’omicidio a San Potito Sannitico di Enrico Sanillo (22 luglio 1865) e altri fatti meno noti, portati alla luce dal continuo lavoro di scavo archivistico del compianto Giuliano Palumbo. Carmine Pinto, in un’opera di decostruzione e ricomposizione, offrendo un nuovo canone interpretativo  che certamente si imporrà come modello paradigmatico  analizza la questione meridionale sceverandone ogni aspetto. Oltre alla Legione del Matese, ai fratelli Achille e Gaetano del Giudice (che occuparono posizioni preminenti nell’Italia risorgimentale), un ruolo significativo fu interpretato da monsignor Gennaro Di Giacomo, vescovo di Alife.
Monsignor Di Giacomo, presule di opinioni liberali (caso più unico che raro nel Sud) a causa delle proprie idee ebbe vita non facile e alla fine pagò pegno, essendo costretto a lasciare Piedimonte per ritirarsi a vita privata in Caserta. Tuttavia quando era ordinario diocesano fu prodigo di particolari nello stilare le relazioni ad limina Apostolorum, periodicamente trasmesse in Vaticano per una complessiva lettura del territorio. Cerchiamo ora di trovare,  in chiave correlativa, le risposte di monsignor Di Giacomo a due quesiti  tra i tanti  che pone il libro di Carmine Pinto, il primo sui sacerdoti anti-temporalisti (seguaci di Carlo Passaglia, ex religioso lucchese, nel 1861 fuggito da Roma a Torino travestito da buttero) condannati dalla gerarchia vaticana, il secondo sulla diffusa e pervasiva violenza connaturata nel brigantaggio. « La reazione alla petizione dei preti per la conciliazione, in buona parte meridionali, promossa da Passaglia e sponsorizzata dal governo italiano, fu di intransigenza assoluta. Il papa [Pio IX] chiese una ritrattazione, pena la sospensione a divinis. La Civiltà Cattolica li definì vituperoso gregge di apostati…» (Pinto, p. 287). Anche in diocesi di Alife ci furono dei sacerdoti che aderirono alle tesi di Carlo Passaglia . Il 17 dicembre 1867 monsignor Di Giacomo inviò in Vaticano un documento, dal titolo «Sacerdoti che han dichiarato di ritirare la firma dall’Indirizzo Passaliano» (Archivum Secretum Vaticanum, Congr. Concilio, Relat. Dioec. 32B, f. 712r.).  Chi erano questi sacerdoti? La prima firma era di «Benedetto Fortini (arciprete curato di Letino)». Venivano da Letino anche i preti «Raffaele Fortini, Luigi d’Orsi, Davide Caruso, Pierantonio Mancini, Pasquale Tommasone». Di Valle di Prata (ora Valle Agricola) erano l’arciprete «Vincenzo Tartaglia» e i sacerdoti  «Raffaele Donia, Francesco Rega, Michele Rega». Di Piedimonte i sacerdoti « Filippo Canzanella, Nicola Vetere, Nicola Rialti, il canonico di Santa Maria Maggiore «Giuseppe Zeppetelli» e quello di Ave Gratia Plena (la chiesa dell’Annunziata) «Francesco Andreotti». Di Sant’Angelo d’Alife i sacerdoti «Giovanni Giuseppe Girardi, Antonio Ricciardi, Alfonso Ferrazzano, Francesco Perrotti». Di Ailano il prete «Nicolantimo Corbi». Di San Gregorio il sacerdote «Giuseppe de Lellis». Di Castello il prete «Antonio Matteo». In calce all’elenco monsignor Di Giacomo confermò che i citati sacerdoti avevano tutti ritrattato le proprie idee in merito all’indirizzo passaliano. Se si tiene da conto il numero dei sacerdoti interessati e il loro peso specifico, dato che compaiono qualche arciprete e i canonici delle due collegiate piedimontesi, si può considerare giustamente che il fenomeno, alimentato dalla diffusione dell’assunto di Carlo Passaglia, almeno nella nostra diocesi fu di una certa rilevanza.
Per inciso, il sacerdote di Letino Don Raffaele Fortini, nel 1877 prese parte al moto internazionalista del Matese, dato che «arringò il popolo… al grido di Viva la Rivoluzione Sociale» (Tomasiello, p. 355).
Intorno al secondo punto, quello della violenza efferata di cui si macchiarono i briganti, in un documento allegato alla relazione ad limina del 9 settembre 1863  l’economo curato di Valle di Prata (ora Valle Agricola), Don Francesco de Cecco, riferì che  «La sera del 22 agosto 1861, stando io nella mia abitazione, intesi che alcuni briganti, al numero di venti circa, avevano incominciato a picchiare le porte di varie abitazioni; fu picchiata del pari la porta della mia abitazione e fui invitato a somministrare pane per la  così dicevano  truppa. Dai briganti mi fu imposto di seguirli, accompagnandoli pel paese e non furono ammesse le scuse. Mi si additò il convincente argomento di un fucile pronto ad essermi scaricato contro. Dopo che mi fu accordato il pacifico congedo, fui assordato dal compassionevole pianto di un fanciullo, pressoché convulso dai singhiozzi, affatto ignudo; al quale fattomi incontro e domandando la causa della sua costernazione, questi  nell’età di sette anni circa appena  mi rispose con tutta precisione: Stanno uccidendo la nonna e le zie! Mi feci guidare dal fanciullo e accorsi al luogo, cioè in una cortiglia. Il fanciullo, figlio di Francesco Pezzullo e Giuseppina Greco, era talmente atterrito che mi indicava appena la sua abitazione. Giunto nella casa trovai tutto all’oscuro perché i briganti – da me veduti al numero di due  avevano ad arte smorzato i lumi. Al primo entrare alzai la voce non una volta sola, chiedendo che cosa si facesse, giacché udivo minacce dall’una parte e gemiti femminei dall’altra. Al replicato mio tono di voce, uscì uno dei due briganti- che ivi erano- che mi minacciò dicendo: Vai dietro, mo’ ti ammazzo! Al tatto mi assicurai che mi dirigevano contro un’arma da fuoco. Iddio mi diede la forza di dire sempre più alto, alzando la voce, ciò che indusse il primo brigante a rientrare nella stanza ultima, dove l’altro brigante tratteneva, minacciava e maltrattava la madre e le giovani figlie, Lucia e Maria- quest’ultima di circa venti anni o poco più- sorelle di Francesco Pezzullo, padre del fanciullo. Il pretesto dell’accesso fu la ricerca degli abiti e dei panni, ma si passò immediatamente a tentare il peccato da uno dei briganti. Infatti, mentre uno dei due tratteneva la madre, la mia voce, la presenza di spirito che Iddio mi conservava, e forse il destro ben colpito d’incutere qualche timore, non solo indussero i briganti a riaccendere il lume, ma li indussero ancora a ritirarsi finalmente. Iddio custode dell’innocenza fu con la donzella, che malgrado un’ora circa di lotta violentissima si conservò illibata. La madre e le figlie furono pestate in guisa che per più giorni non hanno potuto procacciarsi il pane, frutto unicamente di loro fatiche. Questa, innanzi a Dio, è la verità dei fatti»  (Archivum Secretum Vaticanum, Congr. Concilio, Relat. Dioec. 32B, ff. 698r.-698v.).

Fonti e bibliografia
  • Archivum Secretum Vaticanum, Congr. Concilio, Relat. Dioec. 32B, ff. 698r.-698v., f. 712r.
  • Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale degli Affari di Culto, busta 58, fascicolo 14, «Vescovi Alife Piedimonte».
  • Narrazione degli avvenimenti del 1860 nel Convento di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte d’Alife nello scoppio della Rivoluzione, a cura di Armando Pepe, in «Quaderni eretici. Studi sul dissenso politico, religioso e letterario», 6, 2018 [URL: http://www.ereticopedia.org/narrazione-santa-maria-occorrevole]. 
  • Giuliano Palumbo, Cronologia del brigantaggio sul Matese, Piedimonte Matese,  ASMV, 1977.
  • Giovanni Petella,  La legione del Matese: durante e dopo l'epopea garibaldina, Città di Castello, Casa tipografico-editrice S. Lapi, 1910.
  • Carmine Pinto, La guerra per il Mezzogiorno. Italiani, borbonici e briganti (1860-1870), Bari-Roma, Laterza, 2019.
  • Bruno Tomasiello,  La banda del Matese, 1876-1878: i documenti, le testimonianze, la stampa dell'epoca, Casalvelino Scalo (SA), Galzerano, 2009.

Presentazione di "Condanne e carriere" di Federica Dallasta presso la Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi

Il 14 maggio 2019, alle ore 17:00, presso la sede della Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, sita in Borgo Schizzati, 3, Parma, si terrà la presentazione del libro di Federica Dallasta, Condanne e carriere. Inquisizione e censura libraria a Parma nel Settecento (Edizioni CLORI, Firenze 2018). 
Interverranno Luca Al Sabbagh, Daniele Santarelli, Herman H. Schwedt e l'Autrice. 


Visioni euganee nelle pagine di Antonio Fogazzaro, Gabriele D’Annunzio, Dino Buzzati

di Francesca Favaro

Il carnet de recherche «Studiosus» (https://studiosus.hypotheses.org) si è arricchito, durante il mese di aprile 2019, di un saggio intitolato Visioni euganee nelle pagine di Antonio Fogazzaro, Gabriele D’Annunzio, Dino Buzzati. Dalle descrizioni di Piccolo mondo moderno dedicate all’abbazia di Praglia, attraverso le tenui memorie di Arquà presenti nel Fuoco sino al ‘racconto’ buzzatiano Festa in villa col mago, messo in scena a Luvigliano, i Colli Euganei, sebbene ritratti in modo assai diverso, appaiono sempre non solo suggestivi, bensì ‘potenti’: sono infatti, di volta in volta, viatico verso la spiritualità, occasione di recuperare la perduta dolcezza del vivere, magica manifestazione di un impenetrabile mistero.

Per leggere il saggio collegarsi alla pagina: https://studiosus.hypotheses.org/340

L'Associazione CLORI alla III Conferenza Nazionale di Public History (Santa Maria Capua Vetere, 24-28 giugno 2019)

Sono stati pubblicati i risultati della selezione dei panel, dei paper e dei poster per la III Conferenza nazionale di Public History, che si terrà a Santa Maria Capua Vetere, presso il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli", dal 24 al 28 giugno 2019.

I risultati, frutto del lavoro del Comitato di Programma, sono consultabili sul sito dell'Associazione Italiana di Public History (AIPH), alle pagine: https://aiph.hypotheses.org/7529 (per i panel e i paper) e https://aiph.hypotheses.org/7566 (per i poster).

Tutte le informazioni di carattere scientifico, organizzativo e logistico sulla Conferenza sono disponibili sul sito dell'AIPH, oltre che nella sezione specificamente dedicata alla Conferenza nel sito del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli" (http://www.dilbec.unicampania.it/aiph). 
Alla Conferenza è dedicata anche una pagina Facebook: https://www.facebook.com/AIPHconferenza

La nostra Associazione CLORI sarà rappresentata all'interno del panel n° 5, "Associazionismo e blogging culturale per la Digital Public History. Esperienze variegate a confronto", coordinato da Luca Al Sabbagh.